RECENSIONE – È Solo la Fine del Mondo
È Solo la fine del Mondo lo conobbi “per sbaglio”. Mentre vagavo su Facebook col cellulare poco prima di addormentarmi mi ero imbattuto in uno spot sponsorizzato che promuoveva il film in questione mostrandone il trailer. Allora io, incuriosito, spesi questo minutino per vedere di cosa si trattava e sono rimasto piacevolmente colpito dal cast che era composto da Vincet Cassel, Léa Seydoux e Marion Cotillard, insieme a Nathalie Baye e Gaspard Ulliel che prima di vedere questo film non conoscevo. Altro fattore che mi incuriosiva era la presenza di Xavier Dolan come regista e sceneggiatore, lo avevo già sentito nominare un paio di volta e il fatto che abbia solo 27 anni mi ha incuriosito non poco. Volevo vedere che tipo di regia avrebbe messo in gioco. Ammetto che il film non mi ha propriamente colpito.
Quando sono entrato in sala non avevo la minima idea di quello che avrei visto, e ciò mi incuriosiva non poco. Nonostante il film abbia vinto il gran prix a Cannes le recensioni non erano proprio generose. Piccola parentesi riguardo a Cannes, vorrei anche ricordare che durante il festival è stato fischiato The Neon Demon di Refn, per dire. Comunque sia, il film inizia presentandoci una determinata situazione che non subisce la benché minima evoluzione fino ad arrivare ad un finale in cui le cose non si spostano di una virgola.
Partiamo col parlare della sceneggiatura sempre a cura di Xavier Dolan basata però su un’opera teatrale di Jean-Luc Lagarce e in effetti si nota parecchio che è principalmente è una sceneggiatura per uno spettacolo teatrale. Questo perché il film è ambientato per la maggior parte del tempo nelle stesse location e ammetto che film del genere li apprezzo quasi sempre. Basti pensare a The Hateful Eight e Le Iene, ma in questo caso si parla di due capolavori che portano la firma dello zio Quentin. Un esempio più calzante è Perfetti Sconosciuti, film nostrano che a mio parere vale molto di più di È Solo la Fine del Mondo. Tornando su quest’ultimo film la sceneggiatura presenta una trama abbastanza lenta, il che non è un problema, però questa non mi dice nulla, non ti invoglia a scoprire come finirà il film, fino ad un certo appunto. Ammetto che dopo un po’ ti viene voglia di scoprire come andrà a finire per diverse motivazioni, come scoprire dove andranno a finire i legami instaurati tra Louis e gli altri membri della famiglia.
Il vero problema della sceneggiatura risiede nei dialoghi. La scena iniziale vi giuro mi veniva da ridere, e lo stesso per il mio amico con cui ho visto il film. Dei dialoghi abbastanza ridicoli resi non benissimo dagli attori, nonostante questi siano di un certo calibro. Anche la regia e il montaggio di quei momenti è davvero ridicolo, mi spiace caro Xavier, ma devi fare più pratica. Altri dialoghi invece, come il film in sé d’altronde, non hanno né capo né coda. Per esempio molti dialoghi tra il personaggio di Louis e di Catherine portano avanti sempre lo stesso argomento quando non è necessario anzi, diviene anche palloso tirare fuori quell’argomento ogni volta e manco a dire che tratta, non so, una tematica importante. Sembra quasi che Dolan dovesse scrivere un minimo di pagina per fare il film dando vita a dialoghi allungati con l’acqua.
Anche i personaggi non sono poi così memorabili, gli unici che ho davvero apprezzato sono Antoine e Suzanne, interpretati rispettivamente da Vincent Cassel e Léa Seydoux. Cassel è stato il migliore del cast, insieme anche alla Seydoux e a Marion Cotillard, mentre la Baye e Ulliel non mi hanno detto niente né coi loro personaggi né con le loro perfomance. Tornando a Cassel è riuscito ad interpretare benissimo il personaggio di Antoine, fratello maggiore di Louis verso il quale prova una profonda gelosia che si manifesta attraverso un comportamento molto violento e aggressivo, così da risultare una persona cattiva. Antoine però non è un uomo malvagio, è solo molto instabile e lo capiamo nella scena finale del film che, devo ammettere, mi ha parecchio emozionato per le perfomance degli attori e per il climax che ci viene presentato.
La Cotillard ha recitato un personaggio molto particolare che però non viene approfondito come si deve, ma nonostante la sua poverissima caratterizzazione l’attrice è riuscita a colpire in diverse scene. Lo stesso non si può dire di Gaspard Ulliel che interpreta il protagonista, Louis, un ragazzo di 34 anni omosessuale malato terminale e torna dalla sua famiglia dopo 12 anni di lontananza per annunciare la sua imminente morte. Il suo personaggio non lascia niente, o almeno niente di positivo. Louis sembra quasi rimanere in disparte in un film in cui lui è protagonista. Ulliel non si è nemmeno sforzato troppo nell’interpretazione, aveva solo sua espressioni da fare: triste con sguardo perso nel vuoto e un sorrisetto quando parla. Anche il personaggio di Martine, interpretata dalla Baye, ovvero la madre di Louis, gli dice che risponde sempre con due o tre parole, il che può funzionare se il personaggio viene usato in un certo modo, ma questa sua caratteristica non fa altro che renderlo così marginale da farlo cadere nel dimenticatoio.
In più nel finale Louis fa una scelta che ti fa pensare: “ma allora cos’ho visto a fare il film?”. Tu vuoi vedere la fine del film per un semplice motivo che non voglio rivelare per non fare spoiler, ma posso dirvi che dopo il finale non riesci nemmeno a vedere quello che più volevi dal film. Ci può anche stare che il regista ti viglia sorprendere non dandoti quello che più vuoi, ma in questo caso l’unica cosa che ti vien da pensare è “perché?”. Se accadeva quel che avrei voluto il finale sarebbe stato decisamente più drammatico ed emozionante. Soprattutto per vedere cosa sarebbe successo nel rapporto coi familiari.
Il rapporto che più tocca lo spettatore è quello che Louis instaura con la sorella Suzanne, interpretata dalla Seydoux e sul personaggio vorrei fare un discorso particolare. Suzanne mi è rimasto particolarmente impresso nella mente perché è una variante del personaggio di Chloe del videogioco Life Is Strange, che ritengo essere un piccolo capolavoro e vi consiglio di giocarlo se non l’avete mai fatto. È chiaro che Donal ha giocato al gioco e n’è rimasto particolarmente colpito, perché quasi in coro io e il mio amico, che ho citato prima, abbiamo detto “Mazza oh, questa scena ricorda troppo Life Is Strange“. In più a rafforzare l’ipotesi che Donal abbia voluto citare il videogioco Dontnod è la presenza del pezzo Spanish Sahara di sottofondo in una scena del film che però è un elemento fondamentale della sequenza finale del videogioco in questione. Si potrebbe penare a un semplice coincidenza, ma con il fatto che Suzanne ricorda tantissimo Chloe dubito seriamente in una semplice coincidenza.
Questo voler omaggiare Life Is Strange da parte di Donal comporta anche dei grandi difetti al film, almeno secondo il mio parere. Uno dei difetti della storia del videogioco in questione è davvero troppo, troppo, sdolcinata e questo comporta sempre fangirl su fangirl che creano fan art indecenti sulla trama, un po’ come successe con il Joker di Leto. Donal in una determinata scena del film prende tutti gli stereotipi che caratterizzano proprio queste storie che soddisfano quel tipo di fangirl quindicenni che scatenano poi tutta la loro malata fantasia nelle fan art. Vi giuro che mentre vedevo quella scena mi stavo sentendo male: un miscuglio di colori che vanno dal rosa al celeste che sembrava di vedere la foto profilo di una teenager.
Il vero problema del film è che si spaccia come un’opera autoriale adulta ma in fondo è un film che può piacere soltanto a queste fangirl che continuo a citare, e vorrei anche smettere ora. Il che mi dispiace perché Dolan ha mostrato una certa cura nella fotografia, a eccezione di quella terribile scena, calda e caratterizzata da toni scuri per rendere bene l’atmosfera triste e malinconica che riesce a trasmettere solo in parte. La regia però, purtroppo, risulta studiata davvero male, soprattutto nei dialoghi in cui Dolan utilizza dei primi piani “storti”. Per farvi capire meglio, il regista ha voluto riprendere spesso il viso degli attori con dei primi piani ma con la camera leggermente più in alto rispetto alla loro faccia. Il che avrebbe senso se si vuole trasmettere un’emozione di preoccupazione o paura del personaggio, ma queste emozioni non sono presenti nelle scene in cui vengono usati questi primi piani “storti”, che potevano rendere meglio al situazione del finale e invece indovinate un po’ in quale momento del film Dolan non usa questi primi piani?
In sinossi È Solo la Fine del Mondo risulta essere un film senza né capo né coda, con alcuni personaggi poco memorabili, a eccezione di alcuni, interpretati da degli attori di un certo calibro ma solo questi nomi (Cassel, Seydoux e Cotillard) riescono davvero nell’interpretazione, a differenza degli altri che manco si sono sforzati di recitare ancora un po’. Una regia che fallisce in più momenti, mentre la fotografia risulta essere ben curata a eccezione dei momenti in cui Dolan vuole esaltare il senso si “romanticismo” che può piacere solo alle teenager in cerca di un lovestory da usare poi come sfondo del telefono o stato di WhatsApp.
Mi dispiace molto che Dolan non sia riuscito, ma è ancora molto giovane, è un regista in erba, ha da fare parecchia esperienza e spero che in futuro riuscirà a stupirmi con delle pellicole davvero autoriali ed impegnate. E non solo con dei film per ragazzine mascherate da film d’autore. Se ve lo consiglio? No, in questo periodo c’è molto di meglio in sala. Fidatevi.