RECENSIONE – House of Cards (5° stagione)
“La democrazia è sopravvalutata”. Queste sono le parole con cui Frank Underwood ha esordito nella prima puntata di House of Cards. Delle parole che ancora oggi riecheggiano nelle mie orecchie, ma questa è solo una delle tante perle che ci ha regalato questa grandissima serie e la quinta stagione, conclusa da qualche settimana, non è stata assolutamente da meno. Un compito decisamente difficile per gli sceneggiatori quello di dover dar vita ad una stagione che fosse come minimo all’altezza della quarta, conclusasi con un finale a dir poco agghiacciante. Saranno riusciti nell’impresa?
House of Cards è una serie che ho sempre adorato, sin dalla prima puntata rimasi a dir poco entusiasta. E’ un prodotto che gode di una straordinaria regia, di una sceneggiatura coi fiocchi e di interpreti di una bravura semplicemente eccelsa. Questa quinta stagione contiene tutte queste caratteristiche ma, soprattutto verso le ultime puntate, osa un pochino di più stravolgendo tutta la serie dalle fondamenta. Se la quarta stagione ci aveva fatto raggelare il sangue con la dichiarazione “Noi creiamo il terrore” da parte di Frank Underwood, allora quello che abbiamo visto in questo finale ci ha lasciato semplicemente a bocca aperta e con gli occhi sbarrati. Nonostante siamo arrivati alla quinta stagione, Beau Willimon e gli sceneggiatori assoldati riescono ancora una volta a sorprendere. La cosa più spaventosa della serie è la sua attualità, tant’è che Robin Wright (Claire Underwood) ha dichiarato durante il Festival di Cannes che “Trump ci ha rubato le idee per House of Cards“, e in effetti ci sono dei parallelismi con la nostra realtà che fanno davvero paura.
La storia, per quanto risulti piena zeppa di personaggi straordinari e risvolti inaspettati, rimane un po’ fossilizzata riguardo le tanto attese elezioni che aspettavamo da anni e anni. Altra cosa che non ho apprezzato molto è stata la gestione di alcuni personaggi, che prima vediamo molto spesso e anche molto approfonditi, mentre dopo la prima metà della serie spariscono. Ok, forse non avevano più nulla da dire, ma li potevano congedare un pochino meglio. Anche alcuni complotti che Frank architetta risultano un pochino troppo esagerati, seppur comunque abbastanza plausibili. Sembrava quasi che la serie abbia subito delle contaminazioni da parte di Sherlock, ma di certo non è questo a guastarmi la visione anche perché conoscendo il personaggio non sono rimasto stupito più di tanto. Al tempo stesso però viene dato il giusto spazio ad ogni personaggio coinvolto, per esempio in questa quinta stagione Doug Stamper, interpretato sempre alla perfezione da Michael Kelly, è al centro di un’importantissima questione ed ho adorato nel vedere che la morte di Rachel, per mano sua, ancora lo tormenta nel profondo. Questo suo tormento però va contro la sua forte, anche troppo, lealtà verso gli Underwood che pone Doug in una situazione di forte dualismo che però riuscirà a girare a suo favore (più o meno) e a togliersi un grosso peso sullo stomaco.
Un personaggio rimasto un po’ in sordina è Tom Yates, interpretato da Paul Sparks, il che non mi è dispiaciuto più di tanto. Ammetto che il personaggio di Yates non mi è mai piaciuto molto, l’ho trovato un personaggio quasi inutile e non era mai stato al centro di chissà quale risvolto. Anche il rapporto che instaura con Claire non è mai stato gestito nel migliore dei modi ma se serviva ad approfondire meglio il rapporto che c’era tra Claire e Frank e in questa stagione c’è da dire che è stato fondamentale per approfondire il personaggio di Claire, che sta pian piano rubando completamente la scena a Francis. Diciamo che Tom Yates è più uno strumento nelle mani degli sceneggiatori per approfondire alcuni aspetti. Ha il suo spazio anche William Conway, interpretato da Joel Kinnaman, che ho apprezzato anche in questa quinta stagione. Il personaggio è stato introdotto nella stagione precedente e Kinnaman, che sta spopolando negli ultimi anni come attore, è riuscito ad interpretare il personaggio molto bene. Kinnaman come interprete del personaggio è azzeccatissimo perché si tratta di un ex soldato molto vicino al mondo dei giovani, e in questa stagione viene approfondito il suo passato come soldato e gli effetti che si porta dietro dopo esser stato congedato. Ovviamente gli Underwood non esitano nel sfruttare questi elementi a loro favore, portando il personaggio ad una situazione di forte stress che Kinnaman è riuscito a rappresentare molto bene.
Se vogliamo parlare di new entry davvero notevoli allora devo per forza soffermarmi sui personaggi di Mark Usher e Jane Davis, interpretati da Campbell Scott e Patricia Clarkson. Entrambi sono dei personaggi ambigui, subdoli, non riesci mai a capire da che parte stanno e se sono loro a controllare o ad essere controllati. Entrambi gli interpreti sono stati eccezionali, ma va menzionata in particolar modo la Clarkson che è riuscita a rendere il suo personaggio inquietante, misterioso ma dall’atteggiamento sereno e innocente. Una perfomance straordinaria sotto tutti i punti di vista, infatti consiglierei la visione di alcuni episodi in lingua originale per capire al meglio di cosa stia parlando. Jane Davis è un personaggio straordinario perché non capisci mai quello che vuole veramente ed è in grado di aiutare i personaggi in qualsiasi faccenda, anche se questa comprende fare delle cose orribili, eppure lei sembra non essere minimamente toccata da ciò. Mark Usher invece è già più un libro aperto, capiamo bene perché passa da una parte all’altra ma rimane comunque un personaggio di cui non ci si può assolutamente fidare, e Scott ha reso molto bene l’idea del personaggio. Tant’è che gli stessi Underwood spesso si trovano i difficoltà nel gestire questi personaggi.
Ora però è il momento di dedicare lo un po’ di spazio alla coppia più letale della televisione: gli Underwood. Frank Underwood è uno dei personaggi più belli che siano mai esistiti sul grande schermo e in questa quinta stagione è praticamente il riflesso di quello che è Trump, senza contare tutte le sue attività criminali (o forse no?). Come lui abbia manipolato le elezioni, come abbia giocato con il governo degli Stati Uniti mi ha ricordato molto la questione delle elezioni riguardo Trump (che ancora adesso per molti rimangono poco chiare). Quando alla fine della quarta stagione aveva dichiarato di voler creare il terrore non stava mica scherzando. Ha seminato veramente il terrore in più occasioni in giro per il Paese per favorire la sua posizione e per vincere più facilmente le elezioni. Questa volta vediamo un Frank molto più complottista (forse anche un po’ troppo), testardo (per lui perdere le elezioni non era nemmeno una possibilità e nessuno doveva minimamente pensarlo) e lo vediamo più assetato di potere di quanto lo sia mai stato, tant’è che arriverà a scarificare una cosa importantissima per ottenere il potere assoluto e affermando che ama decisamente di più il potere di Claire, anche se trai due è da un po’ di tempo che non c’è amore.
Il rapporto tra Claire e Frank è qualcosa di sensazionale, nelle prime stagioni erano una coppia macbethiana, entrambi assetati di potere e pronti a tutto per averlo insieme. Frank e Claire collaboravano assiduamente perché entrambi erano consci che non potevano essere amati da altre persone al di fuori di esse. Quando però Claire ha iniziato la sua relazione con Tom Yates la situazione si è fatta decisamente più complicata ed ecco che nella sua mente l’idea di essere il primo presidente donna inizia ad essere parecchio allettante, eppure non vuole scavalcare Frank e prendere il suo posto perché lo rispetta e perché, sotto un certo punto di vista, lo ama ancora. Quando però Francis compie una scelta assurda Claire si stranisce perché non l’aveva coinvolto e a quel punto capisce che Frank non la stava più prendendo in considerazione a causa del folle amore che lui prova per il potere. Allora ecco che Claire ruba totalmente la scena a Frank divenendo la nuova protagonista della serie, e questo a Frank non sta bene per niente. Io personalmente non vedo l’ora che arrivi la sesta stagione per vedere come gestiranno i due personaggi.
Robin Wright e Kevin Spacey sono un’accoppiata perfetta. Già nelle precedenti stagioni i due insieme avevano dimostrato di essere perfetti, e con questa quinta stagione riaffermano la loro fortissima chimica. Spaey è un mostro sacro del cinema, ci ha regalato delle perfomance sensazionali e sta continuando a farlo. Non ci vuole un genio per capire che quella di House of Cards è una delle sue perfomance migliori; ci sono delle scene potentissime e Kevin Spacey incanala tutta la sua energia e il suo pathos per enfatizzare il momento. Da pelle d’oca, per non parlare della sua voce calda e ruvida che rende il personaggio non poco minaccioso. Le famose scene in cui il personaggio sfonda la quarta parete sono ormai leggenda, e in questa quinta stagione non fanno eccezione. Le occhiate che lancia a noi spettatori sono uniche. Robin Wirght però, questo va detto, in alcune scene riesce a superare un mostro come Spacey in termini di bravura, e non sto esagerando. La Wright è nata per interpretare questo ruolo, non l’ho mai vista così tanto in parte. Riesce a dare quell’eleganza, quella sensualità e quell’atteggiamento da femme fatale che è perfetto per il personaggio. In questa quinta stagione il personaggio viene messo particolarmente in risalto proprio per poi rubare totalmente la scena a Frank nel finale e stravolgere la serie dalle fondamenta. Ora il loro rapporto è a un punto di totale conflitto, entrambi sono allo stesso livello: Claire ha un certo potere e Frank pure e non esiteranno nell’usare quel potere per distruggersi a vicenda.
Robin Wright nella serie è sicuramente un’attrice sensazionale ma è anche regista di alcune puntate, facendo un lavoro a dir poco sensazionale. La regia di House of Cards è sempre stata caratterizzata da una forte geometria e spesso simmetria degli oggetti presenti sulla scena, ma nella quinta stagione questa caratteristica è molto più sentita rispetto a prima. La fotografia non è da meno: molto fredda, quasi monocromatica ma perfetta per rappresentare l’animo freddo e manipolatore dei personaggi. Tutto l’aspetto tecnico, dalla regia al montaggio alla fotografia ricordano moltissimo lo stile del regista David Fincher, il quale ha diretto le prime due puntate della serie ed è ancora presente come produttore esecutivo. Non credo che Fincher dia più un contributo artistico alla serie, ma è chiaro che i vari registi e produttori vogliono che la serie sembri un film di Fincher e riuscendoci molto bene. Lo stesso Kevin Spacey ha spesso collaborato con David Fincher nella produzione di film come The Social Network, il quale ha tantissime caratteristiche in comune con la serie creata da Willimon.
Anche la colonna sonora di Jeff Beal non è da meno; i vari temi hanno sempre come strumenti principali strumenti a fiato che danno vita a delle melodie molto americane, patriottiche, ma poi si intromettono altri strumenti come il pianoforte e il violino e sembra quasi che compromettano l’intera sinfonia. Un po’ quello che fa Frank, ovvero intromettersi nella politica americana per raggiungere il potere totale corrompendo però quello stesso potere a cui aspira. Anche Doug è soggetto di alcuni temi, le cui melodie confuse e dinamiche rispecchiano benissimo il suo stato d’animo tormentato e distrutto. Verso il finale di stagione c’è un tema che è un vero e proprio climax che si può ritrovare pure nel comportamento dei vari personaggi protagonisti della situazione.
Con questa quinta stagione House of Cards si riafferma come una delle serie migliori di sempre e una delle mie preferite. Originale, cattiva, fredda, misteriosa, reale, una serie semplicemente unica, con un aspetto tecnico magistrale e dei personaggi da storia della televisione. Questa quinta stagione ha stravolto la serie delle fondamenta col suo finale, quindi cosa aspettarci dalla sesta stagione? Non saprei, solo il tempo ce lo saprà dire.
Voi che ne pensate? Avete visto questa quinta stagione? Qui di seguito potete acquistare le stagioni precedenti.
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