RECENSIONE – La Ragazza del Treno

Il periodo oro del cinema sta iniziando. Intendo quel periodo dove escono tutti i film che probabilmente verranno considerati agli Oscar, e non. Quel periodo dove almeno una volta a settimana mi ritrovo in sala con i pop corn sulla destra. Che bel periodo. Infatti ecco che dopo aver visto Morgan pochi giorni fa, di cui trovate la recensione QUI, oggi ho visionato un film che mi ispirava particolarmente. Sto parlando del thriller La Ragazza del Treno, tratto dall’omonimo libro di Paula Hawkins, diretto da Tate Taylor e con protagoniste Emily Blunt, Haley Bennet e Rebecca Ferguson.

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Il film si presenta sin dall’inizio come un thriller psicologico. Quindi non un giallo con indagini e robe così, ma un film dove la psiche dei personaggi viene esplorata nel più minimo dettaglio. Il film infatti inizia in un modo abbastanza particolare, ovvero con la presentazione delle tre protagoniste molto, molto, precisa. Nel senso che ad una ad una il film dedica un po’ di tempo per farci capire che persone sono con tanto di scritta con nome all’inizio di queste sequenze. Ad approfondire la psicologia di questi personaggi si rivela essere fondamentale la regia a opera di Tate Taylor, famoso per aver diretto The Help, il quale ci fa entrare perfettamente nella testa di Rachel, protagonista interpretata da un’eccellente Emily Blunt. Rachel Watson è una donna che vive una vita abbastanza complessa e triste dopo il divorzio, causato dal fatto che è alcolizzata e spesso non ricorda nulla di quello che ha fatto poche ore prima. Possiamo dire che soffre di un’amnesia quasi volontaria. Un’amnesia che però la porterà alla rovina e questo lo si può evincere dal modo in cui parla, da come cammina e anche da come si veste. In questo la Blunt ha fatto un lavoro eccellente, in fondo ha già dimostrato in Sicario di essere un’attrice straordinaria. La cosa più bella del film è che più avanti  scopriremo che Rachel è una persona totalmente diversa, una persona che è stata manipolata e vittima del suo alcolismo.

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A rendere l’idea di questa misera vita aiuta anche la fotografia di Charlotte Bruus Christensen, che tende a rendere i colori più grigi ma senza dare quella sensazione di freddo che si prova spesso quando si guarda un thriller. Una fotografia tipica dei film di Fincher per esempio. Questo cercare di rendere i colori grigi senza però dare questa sensazione di freddo va a creare un contrasto tra i normali colori e quelli illuminati da una luce esterna che risultano più vividi, e quindi cozzano con gli altri dando vita a delle sfumature abbastanza fastidiose. Ho apprezzato moltissimo il passaggio da luce più fredda a quella più luminosa nel finale, quando finalmente Rachel riesce a sistemare la sua vita. Da notare la colonna sonora, azzeccatissima per quello che vuole essere il film, spesso caratterizzata da un pianoforte molto delicato e da suoni tecno che irrompono nella scena rendendo alcuni momenti molto inquietanti. Anche se la regia crebbe potuto rendere meglio alcune scene violente, invece la brutalità di alcuni gesti vengono tenuti nascosti agli occhi del pubblico.

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La sceneggiatura che porta la firma di Erin Cressida Wilson, è tratta dall’omonimo romanzo giallo di Paula Hawkins e ci presenta una trama molto interessante e misteriosa per quanto riguarda la scomparsa di Megan, e soprattutto riesce a scavare molto in fondo nella psicologia dei personaggi, dal primo all’ultimo. Purtroppo però i tempi non sono gestiti al meglio, dato che il film inizia con una fase lenta per poi esplodere con la scomparsa e l’inizio del caso. Poi inizia la sua fase di assestamento, dove la trama diviene molto lenta e ammetto anche noiosa in alcuni tratti, finché poi non esplode il tutto con il colpo di scena e il risolvimento del caso, e da quel momento diviene tutto più “rocambolesco”. Nel senso buono del termine. Forse nel libro la storia viene raccontata meglio e ti ritrovi maggiormente coinvolto nella psiche dei personaggi, fatto sta che Taylor non è riuscito a catturarmi appieno nella parte centrale della pellicola. E’ anche vero che si tratta sempre di un thriller psicologico, che punta molto sulla psicologia dei personaggi che cercano di trovare una soluzione ad un mistero. Però ritengo che si possa fare decisamente di meglio, basti pensare a Gone Girl, uno degli esempi migliori del genere. C’è anche da tener conto che alla regia c’è David Fincher, un maestro del genere. Sì, forse questo film avrebbe funzionato molto di più nelle sue mani.

Quindi se il film si concentra quasi completamente sulla psicologia dei personaggi allora questi dovrebbero essere ben approfonditi no? E infatti è così, ogni personaggio è ben scritto, ben approfondito e tutti appaiono per il giusto tempo sullo schermo. A eccezione di Scott Hipwell, che avrei voluto vedere un pochino di più non solo perché credo che potesse rimaner maggiormente impresso nelle nostre menti ma soprattutto perché avrei voluto vedere un pochino di più all’opera Luke Evans, interprete del personaggio. Evans è celebre per il ruolo di Bard l’arciere nella trilogia de Lo Hobbit, e aveva dimostrato di essere un bravo attore; ma si trattava di un blockbuster e non interpreta un personaggio di grande spessore come invece fa in questo film. Diciamo che hanno sprecato un potenziale bravo attore.

Invece le mie lodi più totali vanno a Rebecca Ferguson e Haley Bennet, interpreti delle altre due donne protagoniste, ovvero Anna e Megan. Delle due quella che più mi rimarrà impressa, sia per caratterizzazione che per interpretazione è Megan. Non solo il personaggio viene ampiamente approfondito e il suo background è quello che più viene raccontato durante il film, ma la Bennet ha fatto un lavoro eccezionale come attrice. L’ultima volta che l’avevo vista era in Hardcore!, quindi capite che non aveva dato prova di essere un’attrice degna di nota. Invece con questo film è riuscita a sorprendermi non poco. La Ferguson invece già si era fatta un certo nome, recitando al fianco di Tom Cruise in Mission Impossible: Rogue Nation, e ne La Ragazza del Treno interpreta Anna, probabilmente la persona più innocente e mentalmente equilibrata delle tre. Difatti è quella verso cui si prova più “simpatia” e compassione, perché anche lei, nonostante sia quella più “normale”, è stata tratta in inganno e si ritrova in mezzo a tutto il casino che ne viene fuori dalla scomparsa di Megan. Forse però è proprio il fatto che sia il personaggio più stabile a non tirar fuori il meglio della Ferguson. Avrà altre occasioni per dimostrare la sua bravura.

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In sinossi La Ragazza del Treno soddisfa più o meno le aspettative. Un aspetto ben curato da tutti i punti di vista a eccezione della fotografia che in alcune scene presenta delle sfumature decisamente fastidiose. La sceneggiatura presenta invece una gestione dei tempi non ben curata, e nella parte centrale ammetto di essermi un po’ annoiato, e sappiamo tutti che un thriller non deve mai annoiare. Il cast è riuscito ad interpretare molto bene tutti i personaggi, che sono stati approfonditi e caratterizzati benissimo.

Un buon thriller, ma forse nelle mani sbagliate.

 

 

 

Andrea D'Eredità

Andrea D'Eredità

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