RECENSIONE – Madre!
Dopo quasi un anno di attesa e di curiosità finalmente arriva il nuovo film del maestro dell’ossessione, Darren Aronofsky, ovvero Madre!. Dopo il flop sia di critica che di pubblico Noah, che non ha convinto nemmeno me, Aronofsky doveva decisamente riscattarsi facendo un film della madonna e verso questo Madre! avevo delle aspettative abbastanza alte non solo per la presenza di Aronofsky alla regia ma anche per la presenza di due attoroni come Javier Bardem e Jennifer Lawrence nel cast, e le mi aspettative sono divenute decisamente più alte quando al 74° Festival di Venezia il film è stato accolto molto negativamente con un sacco di fischi alla fine della proiezione. E perché le mie aspettative si sono alzate? Semplice, chi va a questi festival non ci capisce mai un cazzo. L’anno scorso The Neon Demon di Nicholas Winding Refn è stato accolto allo stesso modo a Cannes, e una volta uscito si è dimostrato essere uno dei migliori film degli ultimi 30 anni. E indovinate un po’? Vale la stessa identica cosa per Madre!.
Riprendiamo subito il discorso dei festival: ma cosa diamine si fumano? Sicuramente il gusto personale e le proprie opinioni sono sacrosante e legittime, ma arrivare a dire che questo film è una delle porcate peggiori degli ultimi è OGGETTIVAMENTE sbagliato, ma d’altronde parliamo di un’era dove la gente che si definisce “critica” arriva a definire Michael Bay un artigiano. Molti potrebbero dire che questo film è “pretenzioso”, che “vuole essere a tutti i costi un film profondo dal senso ricercato”. E con ciò? Mi state dicendo che Aronofsky vuole dimostrare di essere un bravo regista, diciamo che vuole fare lo “sborone arrogante”. E con ciò? Un conto è se lo faceva male, ma qui ci troviamo di fronte a un film della madonna, un film che va visto e rivisto trenta volte per essere capito, e voi mi stare dicendo che questo film è brutto proprio per questo? Ma allora ci siamo scordati cosa voglia dire “cinema d’autore”, ci siamo scordati cosa significa andare in sala e vedere un film che deve essere interpretato e a cui non ci sarà MAI e poi MAI una risposta giusta. Se fosse così allora cos’è per voi un film d’autore? Collateral Beauty? Un film pieno di qualunquismi e con una morale da quattro soldi che farebbe piangere solamente coloro che per la prima volta nella loro vita staccano gli occhi dal loro telefono cellulare? Oppure un film d’autore è un film che parla attraverso le immagini? Dove le parole possono avere e non avere importanza? Dove il regista racconta una storia con una poetica solamente sua. Se ci siamo scordati questo concetto ragazzi, è giusto che vi becchiate la merda commerciale di Bay e tutti gli altri.
Ora che ho finito questo sfogo personale, ma doveroso, possiamo passare al film in sé. Madre! ci è stato presentato in diversi modi. Inizialmente era un film drammatico, poi un vero e proprio horror finché alla fine non si è capito veramente che cosa sarebbe stato. Una volta che sono partiti i titoli di coda il film per me è stato qualcosa che rientra nel genere horror e drammatico, ma allo stesso tempo trascende il concetto di questi generi, va oltre, è un dramma/horror portato all’estremo da elementi grotteschi e da simbolismi biblici a dir poco profondi. Un film il cui stile è perfettamente riconducibile a quello di Aronofsky. Sia chiaro, del regista, oltre a questo film ho visto solamente Requiem For A Dream e Noah, ma ero non poco informato in merito alle tematiche trattate da Aronofsky e allo stile che adopera nei suoi film. Quindi sapevo a che cosa stavo andando in contro, ma quello che mi sono trovato davanti è un Aronofsky al pieno della sua potenza e della sua perversione.
La regia messa in gioco è caratterizzata da piani sequenza di media lunghezza che seguono perennemente il personaggio interpretato da Jennifer Lawrence, ovvero la madre, la camera da presa segue sempre e solo lei per tutta la durata del film. Spesso ci troviamo il suo volto a pochissimo spazio dallo schermo, delle inquadrature che vedono la Lawrence al centro di tutto, una Lawrence che quasi va oltre lo stesso schermo per mettersi davanti allo spettatore e condividere direttamente con lui il disagio e l’angoscia opprimente che aleggia per tutta la prima metà del film per poi scaturire nella follia pura nell’ultima ora. Il sentirsi così vicini al volto della Lawrence ci fa sentire soffocati, intrappolati con lei in questo incubo. Per tutta la durata del film vogliamo solamente uscire da quella maledetta casa ma non ci riusciamo, ci sarà sempre qualcosa che ci tiene.
Alta caratteristica bellissima del film è l’ambientazione, il tutto si svolge sempre e solo all’interno della casa e il parallelismo che c’è la la madre e la casa è a dir poco fenomenale. La madre ha un’ossessione verso quella casa, perché lei è la casa e la casa è lei, e a questo se anche noi siamo la madre di conseguenze noi siamo la casa. Ci sentiamo una parte essenziale del film, un’immedesimazione completa dello spettatore all’interno di una storia caratterizzata solamente dal tormento, da cruente ossessioni e da scene che raggiungono toni che definire grotteschi sarebbe un eufemismo. Il tutto riesce soprattutto alla straordinaria interpretazione della Lawrence, che ancora una volta di mostra come una delle più grandi attrice degli ultimi vent’anni. Non solo è caratterizzata da un tipo di bellezza molto particolare, ma è in grado di raggiungere livelli di pathos impressionanti grazie alla sua straordinaria espressività. In questo film abbiamo delle scene che definire intense sarebbe un diminutivo all’estrema potenza, e la Lawrence in quelle scene di completo disagio e ira mi ha messo veramente paura. Infatti l’attrice ha dichiarato che durante le riprese di una delle tante scene intense è entrata in iperventilazione e si è lussata una costola. Quindi se non avete visto il film non potete nemmeno immaginare il pathos che si è raggiunto in alcune scene.
Grande importanza ha anche la fotografia di Matthew Labatique, fedele collaboratore di Aronofsky sin dai tempi di π – Il teorema del delirio. Innanzitutto ho a dir poco apprezzato l’effetto “pellicola” che ha dato al film. Forse il film è stato girato proprio in pellicola, questo non lo so, ma vi assicuro che c’è quell’effetto granuloso tipico dei film girati su pellicola. Un effetto che si può tranquillamente riscontrare in Interstellar, Dunkirk o The Hateful Eight, tutti film girati come una volta.
La fotografia è caratterizzata da colori scurissimi, spesso tendenti al nero, o anonimi, come il bianco. I colori messi in scena rendono tutto l’ambiente scuro, drammatico, opprimente e il tutto rende ancora meglio il già citato parallelismo tra la madre e la casa. La madre dall’esterno appare come una donna bellissima, docile e serena, esattamente come la casa che da fuori appare come una bellissima villa di campagna in mezzo al nulla e lontana da tutte le preoccupazioni. Invece dentro entrambe queste figure sono scure e tristi. Anche gli abiti della madre sono spenti, dei vestiti da vecchia, come se vivesse in un mondo tutto suo, e in parte mi ha ricordato il tipo di abiti che indossavano i protagonisti in Babadook, capolavoro dell’horror firmato da Jennifer Kent.
Un elemento importantissimo che rende il film ancora più angosciante è la musica, quasi totalmente assente per tutto il film. L’assenza di una colonna sonora rende il tutto tremendamente più realistico e ti fa sentire sempre più dentro questo mondo infernale che Aronofsky ha creato. C’è però un problema, nei titoli di coda come compositore della colonna sonora c’è il nome di Jóhann Jóhannsson. Come scusa? La cosa mi fa ridere non poco. Jóhannsson è uno dei migliori compositori degli ultimi anni, e lo ha ampiamente dimostrato con i film di Villenueve, e mi sembra strano che appaia un nome così importante in un film dove la musica è quasi assente. Ci sono dei momenti in cui si può sentire un particolare suono che fa atmosfera, ma niente di più. Ad ogni modo, congratulazioni a Jóhannsson che è riuscito ad inserire una colonna sonora tale da integrarsi completamente con quello che accadeva sullo schermo e che sia riuscita, quasi di nascosto, ad ampliare le sensazioni percepite dallo spettatore.
Jennifer Lawrence è stata sicuramente bravissima, ma non si deve minimamente trascurare la straordinaria e inquietante interpretazione di Javier Bardem nei panni del marito, uno scrittore che è alla continua ricerca dell’ispirazione per il suo capolavoro. Ma è davvero il capolavoro totale che va cercando? Cosa vuole veramente il personaggio di Bardem? Cos’è per lui sua moglie? E’ una domanda che per tutto il film ci porremo finché non troveremo una soluzione estremamente inquietante e angosciante nello straordinario finale. Bardem si cala perfettamente nei panni di questo folle e inquietante scrittore, e con il tipo di fisionomia che si ritrova Bardem direi che come interprete è più che perfetto. Il personaggio dello scrittore assumerà un tipo di ruolo molto più profondo di quello che mi sarei aspettato, un ruolo che darà il vita a tutta la follia del terzo atto del film. Forse follia è anche troppo poco per descrivere quello che si vede sullo schermo, la parola adatta è apocalisse. Aronofsky con questa sua apocalisse rappresenta in breve tutta quella che è stata la storia dell’uomo. Una storia caratterizzata da sangue, violenza, peccato e credenze estremiste o meno verso qualcosa che potrebbe esistere come non esistere. L’esagerazione, la divinizzazione di un profeta che non è nient’altro che un uomo fatto di carne e ossa, una divinizzazione che però si rivelerà molto pericolosa per moltissime persone. Come al solito, gli uomini si ritroveranno gli uni d’innanzi agli altri per uccidersi a vicenda, e per cosa? Di risposte a queste motivazioni ce ne sono a bizzeffe ma una volta ascoltate ci verrà da dire solamente: ‘Che mandria di coglioni che siamo’. Il tutto ovviamente senza mezzi termini, Aronofsky ci mostra tutta questa follia e questa cattiveria con scene di estrema violenza e crudeltà, scene che ti toccano dentro, ti distruggono l’anima per tutta la durata del film e anche dopo. Per questo il film lo definisco anche un buon horror, perché le sensazioni che ho provato sono proprio quelle che si dovrebbero provare mentre si guarda un buon horror, il che è raro dato che il 90% degli horror che escono al cinema sono solamente merda calpestata più e più volte.
I personaggi della madre e dello scrittore sono i personaggi fulcro del film, ma abbiamo altri attori mica da ridere nei panni di coloro che daranno il via a tutto. I personaggi della Lawrence e Bardem vivono tranquillamente nella loro casa sperduta, finché non arriva una coppia sposata ad invadere la loro privacy. Questa coppia è portata sul grande schermo da niente popo di meno che Ed Harris e Michelle Pfeiffer. Non sono attori che necessitano di presentazioni, ma sicuramente necessitano di grandi lodi perché in questo film hanno dimostrato ancora una volta di essere in splendida forma. I due sono dei personaggi a dir poco odiosi, invasivi, senza nessun concetto di privacy o buona educazione, e guarda caso noi spettatori di questi personaggi ci facciamo la stessa idea di cui se ne fa il personaggio della Lawrence. Entrambi sono dei personaggi che non hanno cura delle cose altrui e in questo caso della casa, e di conseguenza, per “l’equazione” che ho dimostrato prima, della madre e dello spettatore. Dei personaggi che vedi come persone che non provano rispetto nemmeno per te e come concetto lo trovo abbastanza disturbante. Come al solito Aronofsky da vita a tutta la sua follia.
Vanno menzionati però anche i due figli della coppia, dei personaggi che avranno un ruolo molto limitato ma che sono stati interpretati straordinariamente da Domnhall Gleeson e il fratello Brian. Ormai Domnhall Gleeson appare in quasi tutti i film di recente uscita. Lo abbiamo visto nei panni del generale Hux in Il Risveglio Della Forza, ha dato una straordinaria interpretazione in The Revenant e non dimentichiamoci del suo ruolo in Ex_Machina di Garland. Insomma, un attore che ultimamente si sta facendo parecchio valere e con il piccolo ruolo visto in Madre! mi ha saputo sorprendere ancora una volta. Nonostante appaia per poco tempo mi ricordo molto bene l’intensità con cui ha recitato le sue parti e ho trovato geniale far interpretare la parte del fratello minore proprio al fratello minore dello stesso Domnhall Gleeson, Brian, decisamente meno famoso del fratello ma che ha dato comunque una buona interpretazione.
In sinossi, Madre! è un film fenomenale. Ormai sono pochi i registi che hanno l’opportunità di esprimersi liberamente senza sottostare alle richieste delle grandi major ma ovviamente quando si tratta di osare un po’ di più ci sarà sempre la critica a smontarlo perché non si riesce a capire l’opera. Non voglio fare lo snob, ma la storia del cinema testimonia le cose che ho appena detto. Pensate a Balde Runner o a 2001: Odissea Nello Spazio, tutti film stroncati dalla critica e dal pubblico solamente perché difficili da capire, eppure oggi entrambi sono considerati due capolavori assoluti. Va anche detto però che tutte queste grandissime opere non sono film fruibili da tutti, giustamente, ma non per questo vanno linciate per la loro estrema complessità. Perché stiamo parlando di film a cui non c’è né una risposta giusta né una sbagliata, c’è solamente la libera interpretazione che lo spettatore è in grado di dare. E purtroppo è normale che un film del genere si becchi tanta merda addosso.
Detto ciò vi consiglio assolutamente di andare a vedere Madre!, ma se l’avete già visto vi invito a commentare qui sotto con la vostra opinione in merito!