RECENSIONE: The Last Duel [NO SPOILER]

Due anni di assenza dalle proiezioni in anteprima, quattro anni dall’ultimo film di Ridley Scott. Direi che tornare a questi eventi con The Last Duel è una combinazione eccellente!

Basato su eventi realmente accaduti, The Last Duel propone su schermo uno Scott alle prese con un genere non nuovo alla sua filmografia. Se dopo Blade Runner poca è stata la fantascienza da lui portata a schermo, il contrario si può dire del genere del peplum, o dei cosiddetti “film in costume”; Il Gladiatore, Le Crociate, Robin Hood e Exodus – Dei e re sono solo alcuni dei titoli di questo genere di film firmati dal regista britannico.

Dunque, da questo The Last Duel mi aspettavo di vedere Scott a pieno agio con questa storia, da gustare appieno in una sala cinematografica. The Last Duel riesce a fare questo, ma con mia sorpresa anche molto, molto, molto di più.

The Last Duel ci fa ricordare che cosa significa vedere un film diretto da uno come Ridley Scott.

The Last Duel non solo è un dei migliori film di questo 2021, ma è anche uno dei migliori (se non il migliore) film diretto da Ridley Scott che io abbia mai visto uscito dal 2000 ad oggi.

Abbiamo uno Scott in uno stato di grazia totale, in grado di creare un mondo narrativo con (quasi) la stessa cura e pathos con i quali è riuscito ad ammaliarci con capolavori assoluti quali Alien e Blade Runner. Che sia fantascienza o medioevo poco cambia, la mano di Scott dietro alla macchina da presa porta il tutto ad un livello raggiunto solo da pochi.

Dimenticate i grandi e patinati kolossal con dame e cavalieri interpretati da bellissimi dive e divi di Hollywood ed entrate nel medioevo che ha veramente vissuto il nostro mondo. Vivete un medioevo dove i nobili non sono così tanto più puliti e sani dei poveri e dei plebei, dove il fango e il sangue si mischiano al vino e all’oro dando vita ad un ritratto grottesco di un’epoca veramente buia sotto ogni aspetto.

Matt Damon è un cavaliere sfregiato in viso e con un taglio di capelli e un pizzetto improbabili, per non parlare di una scena dove intravediamo il suo nudo piede reso deforme dalle tremende fatiche della guerra che deve sopportare e sconfiggere per poter vivere. Adam Driver è uno scudiero affascinante e carismatico, ma freddo e viscido quanto la più viziata e perversa delle serpi.

Tutti grandi divi portati dall’essere stelle di Hollywood all’essere semplicemente uomini.

La grandezza di Scott come narratore sta nel suo non eccedere mai, nel suo spingere l’acceleratore ma senza mai far sbandare la macchina o farla schiantare contro il muro. Lo si vede soprattutto nelle straordinarie e cruente scene di combattimento, tra le più coinvolgenti che abbia mai visto negli ultimi anni sul grande schermo.

Il sangue abbonda, così come immagini di spade che trapassano facce e gole con una violenza da far rivoltare lo stomaco. Si percepisce appieno la brutalità di queste battaglie fatte di uomini spesso costretti, a volte, ad usare semplicemente le loro mani per uccidere il prossimo. Ma, comunque, non si tratta mai di una violenza che eccede, volgare, pacchiana, come può essere quella vista nel tedioso Hacksaw Ridge di Mel Gibson.

Una misura che ritroviamo nei personaggi, mai troppo caricati o macchiettistici; ma sempre credibili e grotteschi al tempo stesso, tenendo così lontana qualsivoglia sensazione di cinema barocco o manierista.

Quello che colpisce più di ogni altra cosa è la struttura stessa della trama, supportata da un montaggio, una fotografia e, in toto, una regia da antologia.

Per chi non lo sapesse, un breve incipit della storia: siamo nel 1300, in una Francia dove si combatte un giorno sì e l’altro pure. Jean de Carrouges (Matt Damon) è uno scudiero al servizio di Re Carlo VI (Alex Lawther, James di The End of the F***ing World) nonostante in realtà sia alla mercé del conte Pierre d’Alençon (Ben Affleck), che non prova simpatia per il rozzo de Carrouges, a differenza dell’affascinante Jacques Le Gris (Adam Driver) che tratta come un fratello. De Carrouges e Le Gris sono da anni amici e compagni d’armi, ma col passare degli anni i diversi sentimenti provati dal conte nei confronti dei due personaggi li porta a separarsi fino a diventare nemici. Una rivalità che culminerà con lo stupro della moglie di de Carrouges, Marguerite (Jodie Comer), da parte di Le Gris. Come risolvere la faccenda? Semplice, con un duello all’ultimo sangue (da cui il titolo del film).

Cos’ha fatto Ridley Scott per rendere questa storia così unica e affascinante?

Abbiamo tre protagonisti: i coniugi de Carrouges e l’ambiguo Le Gris. Scott (supportato da una fenomenale sceneggiatura scritta da Nicole Holofcener e dagli stessi Damon e Affleck) racconta la stessa storia secondo i tre diversi punti di vista dei personaggi in tre capitoli diversi. Quello a cui assistiamo è una fenomenale manipolazione della realtà, della verità dei fatti; in base al personaggio protagonista del capitolo del film rivediamo gli stessi eventi ma con una diversa regia, un diverso montaggio e, alle volte, persino dialoghi quasi completamente diversi da come li abbiamo sentiti prima.

Una costante e continua manipolazione della realtà che ci propone non la verità dei fatti, ma una “non-verità”. Non una bugia, non una verità, ma un qualcosa che è realtà distorta da come ogni personaggio l’ha vissuta e percepita. Scott ci propone non la verità dei fatti, ma diverse percezioni di essa.

Secondo la miglior tradizione post-moderna, di cui lo stesso Scott è un fondatore, The Last Duel usa il montaggio, anzi, tutto il mezzo espressivo della settima arte per manipolare spazio e tempo affinché questi vengano plasmati da ciò che tormenta e si dimena nell’animo dei personaggi. Un tormento che si riversa nell’inquadratura arrivando a toccare lo spettatore braccandolo nell’attraente e spietata ombra del dubbio.

Un dubbio che ci rimarrà attaccato fino alla fine, reso ancor più solido con l’inquadratura che chiude il film in cui ogni certezza crolla e ogni dubbio si rafforza. Tutte sensazioni amplificate dal duello finale che Scott ci fa agognare sin dall’inizio del film mostrandocene un assaggio (ancora una volta, una scelta pienamente post-moderna), per poi costruire la tensione di scena in scena, di capitolo in capitolo, finché non arriviamo al climax della storia tremanti e tesi come una fune d’acciaio.

Poco altro da dire. The Last Duel uscirà il prossimo giovedì 14 ottobre e parliamo di un film che chiunque dovrebbe vedere rigorosamente al cinema.

The Last Duel è un’opera che ad ogni inquadratura (mai una che possa sembrare di troppo) e ogni stacco di montaggio ti dà quel senso di pienezza e soddisfazione che solo un certo tipo di cinema è in grado di regalare. Ovviamente, un mostro sacro come Ridley Scott non poteva che regalarci un film del genere, nonostante siano anni che non soddisfi e stupisca così (senza nulla togliere a Film grandiosi con la F maiuscola come Il Gladiatore e Prometheus).

Dunque, grazie Ridley per averci ricordato chi sei e chi sei stato, per aver ricordato che sei uno dei padri fondatori del cinema moderno / contemporaneo e che all’età di quasi 84 anni riesci ancora a dirigere un film come se ne avessi trenta.

Lunga vita a Ridley Scott!

Andrea D'Eredità

Andrea D'Eredità

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